mercoledì 5 giugno 2013

Mani


"But touch my tears with your lips,
touch my world with your fingertips."
(Queen, Who wants to live forever)

"La carezza è un ponte tra due abissi di solitudine.
Perché il cielo e la terra passeranno, 
ma certe carezze non passeranno mai."
(Diego Cugia/Jack Folla, Alcatraz)

Va bene, confessiamolo subito così ci togliamo il pensiero: questo post ho cominciato a pensarlo mentre il fisioterapista, un giovane asciutto e occhialuto dai modi garbati e professionali, mi tastava la schiena, frugando il men peggio e il peggiore (come direbbe il solito "Guido") e io non ho potuto fare a meno di constatare, con il solito misto di ironia e amarezza, che nonostante i trentacinque suonati (molto suonati, of course), gli unici uomini che si son presi una certa confidenza con la mia pelle e quel che ci sta sotto son stati i medici. E non so se devo dire per fortuna (mi sono risparmiata attenzioni sgradite), o purtroppo.
Comunque sia, da lì son partita per uno dei miei soliti contorti viaggi mentali, che fan sì che io poi mi distragga e faccia cose come ieri mattina, quando, in arrivo trafelata al nuovo ufficio (dove non ho più l'uso cucina e ho a malapena quello del bagno), ho infilato il borgo sbagliato e ho tentato di scassinare un altro garage anziché quello del mio capo per tentare di parcheggiarci la bici...
Stavo dicendo che ho cominciato a pensare a quanto ci stiamo disabituando ad usare le mani (fa un po' rissa da bar, detta così...) nei rapporti con gli altri, se non per digitare messaggi su una tastiera.
E mi sono tornati in mente la bella immagine della canzone dei Queen e il pezzo del programma radiofonico di Diego Cugia che vi ho citato sopra.
Paradossale vero? Da una parte abbiamo le relazioni virtuali (non importa che siano d'amicizia o d'amore), relativamente semplici anche perché "incorporee" (ma che possono comunque far danno nella vita reale, come si è visto nella cronaca recente); dall'altra, un eccesso di, come chiamarla? esibizione di gesti forti ed espliciti talmente quotidiana che nemmeno i puritani (come me) ci fanno più caso, o quasi, e che, per questo, finiscono col diventare banali e insignificanti.
In mezzo a questi due estremi poco o nulla.
Ci siamo persi abbracci brevi e timidi, o lunghi e commoventi, carezze decise o poco più che sfiorate, mani che s'infilano al braccio di qualcuno o gli stringono appena un polso per guidarlo o lasciarsi guidare; mani a toccare il ginocchio della persona seduta accanto a noi: gesto fraterno, o allusivo, a seconda del conteso; mani calde sulla schiena o le spalle di qualcuno da consolare o a cui, semplicemente, far capire che gli siamo accanto, anche se non sappiamo esattamente spiegargli come o perché.
Ci siamo persi, con questi gesti, anche la capacità di dare una forma a tutta una gamma di sentimenti che stanno tra l'amicizia e l'amore, a cui già è difficile dare un nome, figuriamoci trovare una emoticon per rappresentarli!
Ci siamo persi la capacità di entrare in comunicazione con l'altro con discrezione, ascoltandolo anche con la punta delle dita e indovinando i suoi sentimenti.
Insomma, ci siamo persi le sfumature (non di grigio, per carità! ma di altri più intriganti colori).
E credo che questo in qualche modo abbia a che fare anche con l'eccesso di violenza che vediamo ogni giorno nei rapporti tra uomo e donna, ma non solo: perché tra l'indifferenza e l'amore folle troppo spesso si fa un solo unico balzo che, per forza di cose, ai più fa perdere l'equilibrio. E rende la vita molto difficile a chi sa benissimo di non essere tagliato per i grandi balzi. A me, per esempio...
Si tocca per afferrare e possedere, non per conoscere. Così, mentre crediamo di essere moderni e disinibiti, in realtà stiamo solo perdendo per strada la capacità di comprendere la complessità dell'altro (e anche la nostra), letteralmente "a pelle", senza bisogno che ce la spieghi l'esperto di turno, magari con un tutorial.
Lo stesso discorso, ovviamente, si potrebbe fare a proposito degli sguardi; ma per ora ve lo risparmio.
V'è andata bene...

PS: i due della foto si chiamavano Marcus Gratidius Libanus e Gratidia Chrite, immortalati nel gesto classico del matrimonio romano: la "dextrarum iunctio". La mano di lei sulla spalla di lui, però, è assai meno classica e molto più tenera.



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